da qualche tempo l’ACCADEMIA ALFIERI ha aperto un gruppo di discussione sul social network FACEBOOK chi volesse visionarlo può collegarsi all’indirizzo
http://www.facebook.com/home.php?ref=home#/group.php?gid=72758598897
da qualche tempo l’ACCADEMIA ALFIERI ha aperto un gruppo di discussione sul social network FACEBOOK chi volesse visionarlo può collegarsi all’indirizzo
http://www.facebook.com/home.php?ref=home#/group.php?gid=72758598897
IL PRATO DELLA CONTESSA
Viaggio tra storia e leggenda nei misteriosi boschi dell’Amiata.
di Massimo Pinzuti.
Il Prato della Contessa, un grande pianoro a 1400 metri di altitudine sulle falde del monte Amiata, circondato
da maestose faggete e da profumate abetaie, deve il suo nome ad una stupenda leggenda d’ amore cui furono
protagonisti Gherarda degli Aldobrandeschi contessa di Cana e il giovane Adalberto, feudatario di Chiusi,
amante dei boschi dell’Amiata dove spesso vi si recava per competizioni cavalleresche o semplicemente per
sfuggire alla calura estiva.
Un giorno, durante un banchetto organizzato da alcuni nobili del luogo per rallegrare la vacanza estiva a
coloro che dai castelli della Maremma e della Val d’Orcia fino a Chiusi si recavano sul fresco monte, i due
giovani si conobbero: incontrarsi, conoscersi ed innamorarsi, avvenne in un solo istante. Il loro grande amore
però non piacque alle rispettive famiglie perché erano già stati destinati, fin dalla nascita, ad un matrimonio
di interesse.
Fu per questo motivo che dovettero incontrarsi segretamente e scelsero, per i loro incontri, quello stupendo
prato dove un immenso,grande faggio li abbracciava con i suoi rami e li teneva sospesi, nel tempo e nello
spazio, dove nessuno poteva vederli. Le cose belle, purtroppo, non sempre hanno un lieto fine: Gherarda fu
costretta a sposarsi, contro il suo volere, con il conte Orsini della contea di Sovana e Pitigliano; un
matrimonio voluto dalla famiglia, con lo scopo di unire le due contee, a dispetto di un destino ribelle che
aveva dato loro soltanto una femmina.
Adalberto, per sfuggire alla contrarietà della famiglia, e forse anche per tentare di dimenticare un amore che
si presentava impossibile, partì per le crociate in Terra Santa ed in quella terra, lontano dall’innamorata e dal
faggio che ogni notte sognava, morì in battaglia.
Gherarda, conosciuta la fine di Adalberto, si recò ancora una volta sul prato,luogo dei loro felici e tormentati
incontri e, per restare fedele al suo eterno amore, si rifugiò in un convento fino alla fine dei suoi giorni. A
memoria dei loro sfortunati incontri, da allora quel prato, posto in maniera così singolare in mezzo ad una
corona di faggi e di abeti, fu chiamato "Prato della Contessa”
La leggenda ancora narra che nelle tiepide serate estive, il prato diventa un richiamo irresistibile per le
giovani coppie che si trovano a passare da lì e, se durante le sere di plenilunio, qualcuno scorge delle ombre
guizzare sul prato per poi soffermarsi alla base del “faggio della contessa”, una bella e secolare pianta alta 25
metri, discendente dei silenti testimoni della passione proibita dei due giovani, potrà riconoscere nel loro
portamento e nella loro impulsiva passionalità Gherarda ed Adalberto, che hanno finalmente ritrovato il loro
amore, talmente forte che nemmeno il tempo è riuscito ad estinguere.
Tutto questo è leggenda ma, come in tutte le leggende, esiste sempre un fondo di verità. I personaggi di
questa tormentata storia d’amore sono realmente esistiti. Infatti, la contessina Gherarda è probabilmernte
Anastasia degli Aldobrandeschi, contessa di Cana, andata in sposa al conte Orsini della contea di Sovana e
Pitigliano a causa delle mire conservative ed espansionistiche della famiglia; del ragazzo, invece, abbiamo
due opposte versioni che lo vedono come discendente dei conti che in quel periodo governavano Chiusi,
oppure del figlio di uno stalliere di Sarteano, appassionato ed esperto di cavalli e per questo sempre a seguito
di alcuni nobili per i loro cavallereschi duelli.
E’ evidente che dovevano vedersi di nascosto: una promessa sposa al conte Orsini, non poteva certo farsi
vedere con un conte di diversa casata né tantomeno con uno stalliere. Ma i due giovani erano profondamente
e perdutamente innamorati l’uno dell’altra e perciò continuarono a vedersi nel loro magico prato fino al
giorno in cui un destino crudele riuscì a separarli per sempre: Anastasia andò veramente in sposa al conte
Orsini e Adalberto dovette rassegnarsi alla perdita del suo grande amore. Dopo il matrimonio, esistono due
versioni dei fatti: la prima sostiene che Adalberto si rifugiò successivamente nel monastero con lo scopo di
riuscire a dimenticare la sua sofferenza, mentre la seconda, più intrigante, narra che Gherarda, con il pretesto
di scendere al Monastero per imparare le Arti femminili e studiare come si conviene ad una nobile, continuò
a vedersi comunque con Adalberto all’ombra del loro amato faggio, lontani da occhi indiscreti.
Una cosa è certa: visto che ancora oggi se ne parla, questo grande amore è comunque riuscito a sopravvivere
nel tempo, così come lo è stato anche il testimone dei loro incontri: quel magico prato che tutto sa, e che
talvolta riesce anche a rivelarcelo, magari in una calda serata di un plenilunio estivo.
Massimo Pinzuti
avete letto? non è bellissimo? chiudete gli occhi vedete la contessina e il suo amato salire piano tra i boschi? se non li vedete andate a cercare tra le foto nell’album le bellezze dell’amiata c’è la foto del faggio maestoso e guardate il tronco non vi sembra che ci siano due figure unite in un abbraccio? …. ma io sono troppo romantica ….
C. FRUTTERO, L’indice di Borges, TUTTOLIBRI, 11 gennaio 2003